In una congiuntura contrassegnata, sul piano interno, da passaggi politici, sociali ed economici, cui corrispondono forti aspettative e speculari resistenze e, su quello internazionale, da crisi latenti o conclamate nelle quali confluiscono interessi eterogenei e contrapposti, il quadro della minaccia si qualifica non tanto per l'insorgere di sfide inedite, quanto per il mutevole interagire dei diversi fenomeni e per l'intervento di ricorrenze di particolare significato.
In questo senso il Giubileo, nel conferire straordinaria centralità al nostro Paese, ne accresce l'esposizione ad iniziative controindicate di varia natura e matrice, con un impatto potenzialmente accentuato o, comunque, condizionato dall'amplificazione mediatica dell'evento religioso.
La valenza simbolica e la risonanza dell'appuntamento contribuiscono a connotare il territorio italiano e gli obiettivi che su di esso insistono in termini di strumentalità rispetto a più fronti, che potrebbero colpire le celebrazioni giubilari per promuovere proprie rivendicazioni ed istanze.
Così, accanto a progetti di formazioni settarie, ad intenti anticlericali di frange della contestazione estremista, al rischio rappresentato dall'integralismo islamico militante, si pongono i profili di pericolo riconducibili alla possibilità di saldature offensive, di un incremento degli inserimenti criminali generato dall'errata percezione di allentamenti nei controlli, nonché di manovre di stampo disinformativo o allarmistico.
Nell'ottica di un'ampia e coordinata strategia di prevenzione, l'impegno dell'intelligence si è modulato sull'esigenza di enucleare dal monitoraggio costante ed onnicomprensivo dei fattori di minaccia gli aspetti pregnanti ed attuali, al fine di assicurare un contributo mirato e fornire puntuali chiavi di lettura su dinamiche ed accadimenti che possono riflettersi sulla sicurezza.
La risposta dell'antagonismo al riemergente terrorismo brigatista ha evidenziato reazioni ed orientamenti di diverso segno, rispetto ai quali indicatori d'allarme appaiono individuabili nella stessa frammentazione del panorama eversivo, che potrebbe suggerire il compimento di azioni intese a coniugare propositi aggregativi con finalità antisistema.
La criminalità organizzata, in grado di preservare la sua incidenza sul territorio dalla pur intensa attività di contrasto e dalla precarietà delle alleanze che ne minano i disegni di lungo periodo, mostra decisa aggressività nelle sue espressioni internazionali ed affinate capacità in sempre più sofisticate operazioni di riciclaggio. Nel contempo, la sua predominante ingerenza nei flussi migratori clandestini ne influenza l'andamento e la portata destabilizzante.
Sul versante estero, specifici ambiti di interesse restano la regione balcanica, a motivo soprattutto della presenza multinazionale nella ricostruzione e nel consolidamento di difficili equilibri interstatuali ed interetnici, nonché numerosi teatri di crisi, anche remoti, ove il sovrapporsi di spinte separatiste ed istanze confessionali si traduce in conflitti ed in proiezioni terroristiche, mentre l'alienazione informativa per taluni arsenali di armi di distruzione di massa viene ulteriormente sollecitata dall'instabilità dei governi che li possiedono.
Di indubbia pericolosità, infine, risultano anche le attivazioni di carattere spionistico o riconducibili ad intenti a vario titolo ostili, che possono costituire pregiudizio per il nostro patrimonio industriale e tecnologico e, con riguardo al segmento informatico, per la funzionalità di servizi essenziali della comunità nazionale.
a. brigatismo e sinistra extraparlamentare
Il terrorismo di matrice brigatista rappresenta, a tutt'oggi, la minaccia principale, in un contesto caratterizzato da un generale attivismo degli ambienti antagonisti radicali, specie ad opera di taluni gruppi alla ricerca di visibilità e consenso. Le iniziative sin qui riconducibili all'intero settore non sembrano articolarsi in una prospettiva unitaria, ma appaiono piuttosto risentire della frammentazione del "fronte" e rispondere ad un contesto disorganico, in cui spinte ideologiche convivono con propositi strumentali e suggestioni emulative.
Peraltro, il richiamo a comuni obiettivi di lotta rende concreto il rischio di un avvicinamento, quando non di saldature, tra posizioni apparentemente non assimilabili, in linea con il "messaggio" delle BR-PCC. Emblematiche sono, al riguardo, alcune azioni di basso profilo contro espressioni della maggioranza parlamentare e del mondo del lavoro perpetrate nel Milanese, ove si va registrando la mobilitazione di alcuni segmenti, fautori di una linea tesa a contrastare l'istituzionalizzazione di strumenti destinati a depotenziare la conflittualità di classe.
In tale quadro, rimane elevato il livello di vigilanza degli apparati di sicurezza, nell'ambito di una coordinata attività info-investigativa che, in relazione all'assassinio del Prof. D'Antona, ha portato a focalizzare quei circoli - vecchi militanti, irregolari, fiancheggiatori e "nuove leve" - nei quali potrebbero maturare ulteriori progettualità offensive. Tra i possibili ispiratori, irriducibili detenuti che tuttora rivendicano il ruolo di guide e garanti della continuità del "progetto rivoluzionario".
Secondo un rituale già sperimentato in passato dalle brigate rosse, il ritorno al "silenzio operativo" del nucleo responsabile dell'omicidio della scorsa primavera, è verosimilmente finalizzato, fra l'altro, ad un affinamento dell'impianto teorico-programmatico, e, nel contempo, a reclutare e qualificare nuovi quadri. Una fase, questa, che può sottendere l'elaborazione di un percorso più propriamente "militare" e l'individuazione di spunti e bersagli da colpire per ribadire il proprio spessore organizzativo e riproporsi quale "avanguardia" rispetto a tutto l‘uditorio antagonista. Ciò, coerentemente con la strategia di ottimizzare l'offensiva armata collegandola a passaggi atti a moltiplicarne la remuneratività e l'impatto destabilizzante.
E' significativo, nel senso, che dopo l'attentato di maggio l'iniziativa Br si sia eminentemente sostanziata in una "campagna" propagandistica volta ad agganciare le spinte eversive a quelle situazioni che maggiormente si prestano ad inserimenti strumentali. Risponde a questo disegno l'invio del documento di rivendicazione a rappresentanze sindacali di vari stabilimenti industriali - alcuni dei quali "luoghi simbolo" del terrorismo degli anni ‘70 - che appare, altresì, funzionale a propositi intimidatori e di delegittimazione.
La circostanza che le copie del volantino D'Antona (altre sono state fatte rinvenire in due stazioni della metropolitana romana) risultino tutte spedite da Napoli testimonia, d'altra parte, l'interesse riservato dai terroristi alla realtà meridionale, specie al capoluogo campano dove la presenza dei disoccupati e precari si associa ad un'intensa mobilitazione sulle problematiche del lavoro da parte di formazioni radicali.
Indicativo della possibile esistenza di aree di convergenza e condivisione dell'ideologia brigatista appare la successiva scoperta nei locali di alcune aziende, specie napoletane, di scritte o simboli inneggianti alla lotta armata.
E' lecito ipotizzare, pertanto, che il mondo del lavoro e le problematiche connesse restino l'asse centrale delle future iniziative delle BR-PCC.
Sotto questo profilo è da ritenere consistente, nel breve e medio termine, il rischio che occasioni propizie per gesti di "propaganda armata" vengano individuate con riferimento a tematiche di rilevante attualità (welfare, disoccupazione, vertenze contrattuali e pensioni).
Quanto agli obiettivi, risultano più esposti i quadri medio-alti - governativi, sindacali ed imprenditoriali - maggiormente impegnati, specie in materia occupazionale, nella politica di concertazione, ritenuta il principale fattore di ammortizzazione dello "scontro di classe".
Al riguardo, significative convergenze si registrano con quei gruppi marcatamente ideologizzati, che agiscono secondo schemi semiclandestini, intenzionati a sobillare, specie nel Mezzogiorno, i settori del precariato, dei disoccupati, delle maestranze interessate da vertenze contrattuali o da ristrutturazioni aziendali, con il proposito di far detonare le "rabbie sociali" in una prospettiva rivoluzionaria.
Profili di pericolo, nell'ottica brigatista, sussistono anche per quanti sono coinvolti nei processi di ridefinizione e riforma degli assetti istituzionali, nonché per le personalità occupate a realizzare gli indirizzi di politica comunitaria. Ulteriori bersagli potrebbero essere rinvenuti in relazione a piani di riorganizzazione dei comparti industriali di rilevanza strategica, connessi ai progetti europei di cooperazione economico-militare, già nel mirino dei terroristi per la valenza simbolica attribuita alla produzione bellica nel quadro della "lotta all'imperialismo".
Un analogo, spiccato antimilitarismo caratterizza quelle frange eversive del Nordest il cui rinnovato attivismo propagandistico potrebbe preludere, in una logica emulativa delle BR-PCC, ad azioni di più accentuato spessore, specie contro obiettivi USA e NATO, anche al fine di rinsaldare i legami con omologhe componenti estere, in adesione ai reiterati richiami della pubblicistica alla costituzione di un "Fronte Combattente Antimperialista", nel quale ricomprendere pure il terrorismo mediorientale, incluso quello di matrice islamica.
Sotto l'aspetto dei fermenti in ambito europeo, sono all'attenzione taluni episodi che potrebbero essere indicativi del rinnovarsi di relazioni, sia pure sotto il profilo logistico e della comune frequentazione.
I riferimenti nel volantino delle BR-PCC all'esperienza dei "Nuclei Comunisti Combattenti" - attivi nella Capitale dal ‘92 al ‘94 e, verosimilmente, composti da elementi toscani e romani - fanno supporre che quest'ultimo gruppo non sia estraneo al progetto di rilancio della lotta armata.
Specifica attività info-investigativa è diretta, in Italia ed all'estero, alla localizzazione di quei terroristi che, dopo la scarcerazione, hanno lasciato senza apparente motivo l'abituale dimora, rendendosi di fatto irreperibili.
Al fine di apprezzare eventuali connessioni con ambienti neobrigatisti, sono al vaglio degli inquirenti gli esiti investigativi di operazioni, condotte anche con il contributo dell'intelligence, che, nei mesi scorsi, hanno portato, fra l'altro, all'arresto di estremisti sospettati di appartenere ad un gruppo eversivo di matrice antimilitarista operante nel Nord Est ed a numerose perquisizioni in varie città del territorio nazionale.
Di rilievo, poi, è la vitalità mostrata dagli ambienti anarco-insurrezionalisti, ai quali sono verosimilmente da ascrivere i due falliti attentati dinamitardi compiuti a Milano in ottobre, in segno di solidarietà verso i "militanti prigionieri".
Nuovi gesti dimostrativi - con i tratti di imprevedibilità ed estemporaneità che qualificano il "modus operandi" dell'area - possono essere attuati in vista di scadenze processuali riguardanti il settore, ovvero in relazione ad altre tematiche al centro dell'impegno propagandistico.
A questo proposito, la dichiarata ostilità delle frange anarchiche radicali al mondo della Chiesa ed ai suoi simboli più rappresentativi rende le celebrazioni del Giubileo circostanze a rischio per l'attuazione di iniziative di disturbo e di provocazione, con il possibile coinvolgimento di quelle formazioni dell'ultrasinistra contrarie ad ogni forma di tregua della conflittualità sociale.
Altra minaccia è costituita dalla progressiva affermazione di un movimento in grado di coniugare le istanze di gruppi ecologisti oltranzisti con le spinte dell'estremismo politico. La lotta alla globalizzazione ed alla liberalizzazione economica potrebbe saldarsi con l'ambientalismo radicale, dando luogo ad atti di sabotaggio alimentare contro quelle espressioni ritenute simbolo del "capitalismo" e della sperimentazione biotecnologica.
In merito, le manifestazioni di protesta al vertice "WTO" di Seattle alla fine di novembre rappresentano potenziale riferimento per un'accelerazione dell'attività contestativa, su cui potrebbero innestarsi strategie più incisive.
Preoccupa, in questo senso, l'aggressività di certe formazioni che, già agli inizi del ‘99, alla vigilia fra l'altro dell'omicidio D'Antona, hanno dimostrato notevoli capacità "militari" in manifestazioni di piazza con preordinati attacchi alle Forze di polizia.
b. destra extraparlamentare
Gli attentati compiuti in autunno a Roma contro obiettivi simbolo dell'antifascismo e della persecuzione antisemita possono considerarsi il culmine di un'intensa mobilitazione propagandistica, dai toni sempre più aggressivi, dei segmenti oltranzisti dell'estrema destra che, specie nel Centronord, hanno sviluppato anche una "campagna" contro la normativa in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa.
Il passaggio ad una "fase operativa" è stato favorito dal recupero delle teorie di disciolti movimenti eversivi e dal rinnovato protagonismo di vecchi militanti, dediti ora ad attività di proselitismo, ai quali è riconducibile una solida rete logistica e finanziaria anche all'estero.
Il ricorso a gesti provocatori sembra inserirsi in un itinerario strategico - verosimilmente influenzato dalla riproposizione del terrorismo di opposto segno - che contempla progettualità controindicate accanto ad iniziative pseudoculturali.
In tale contesto, il settore mostra di guardare, quali potenziali bacini di reclutamento, soprattutto ai gruppi skinhead ed alle frange di ispirazione neonazista delle tifoserie ultras, ritenuti più manipolabili e caratterizzati da atteggiamenti "spontaneisti", con l'obiettivo di rafforzarne l'ostilità nei confronti della società multirazziale.
Episodi di particolare clamore come quelli della Capitale, proprio in ambiti dominati da fanatismo e da diffusa propensione alla violenza, rischiano di innescare gesti emulativi, in un quadro che potrebbe altresì segnare il riproporsi della conflittualità tra estremismi contrapposti.
Le indicazioni raccolte evidenziano una ridefinizione degli assetti organizzativi di talune aggregazioni, che prevede maggiore compartimentazione e qualificazione dei militanti ed un'accentuazione degli inserimenti strumentali, anche in chiave antisindacale, in vari settori produttivi, specie a Roma ed in Campania.
Si vanno intanto consolidando i rapporti con formazioni straniere ultranazionaliste e neofasciste, in grado di costituire modelli di elevata operatività ed aggressività.
Il dinamismo manifestato dall'area potrebbe trovare, nella ricorrenza giubilare, sinergie con quell'estremismo integralista e tradizionalista che si oppone ad ogni forma di apertura della Chiesa cattolica.
c. altre aree di attenzione
Continuano a rivestire interesse gli ambienti più facinorosi di orientamento separatista che, in risposta ad un asserito vuoto progettuale ed in attuazione di persistenti pulsioni antistituzionali, potrebbero riproporre gesti clamorosi per richiamare l'attenzione sulla "causa secessionista".
Ciò, in una cornice che si connota per il rilevato proposito di rilanciare campagne denigratorie e disinformative volte ad alimentare la disaffezione verso lo Stato.
a. gruppi endogeni
Nonostante i risultati dell'incisiva azione di contrasto, i sodalizi malavitosi conservano potenzialità eversive e si evidenziano per un'efferata aggressività che ne mantiene elevato l'impatto, alimentando diffuso allarme sociale.
Resta forte la capacità mafiosa di infiltrare il tessuto economico, anche attraverso il costante affinamento delle tecniche di reinvestimento dei proventi illeciti ed i tentativi di inserirsi nei progetti di sviluppo riguardanti soprattutto le regioni meridionali, specie nel settore degli appalti pubblici.
Parallelamente, si è consolidata la tendenza ad operare in una dimensione transnazionale, modulando le progettualità operative sulla globalizzazione dei mercati e sull'evoluzione dei sistemi di comunicazione.
In Sicilia sono stati rilevati significativi cambiamenti nelle dinamiche organizzative delle "famiglie" operanti nella zona occidentale dell'Isola che, nell'intento di limitare i danni prodotti dalle rivelazioni dei collaboratori di giustizia e, al contempo, di prevenire l'ulteriore espansione del pentitismo, hanno avviato una più rigorosa selezione dei nuovi adepti, accentuando la compartimentazione dei settori di intervento e dei livelli gerarchici. Appare coerente con tale processo evolutivo il perseguimento da parte di "cosa nostra" di strategie operative di basso profilo, nell'ambito di una gestione complessiva dei traffici illeciti sostanzialmente improntata ad una riduzione della visibilità esterna.
Perdura, nell'area palermitana, la frattura tra la fazione facente capo ai corleonesi detenuti e quella fautrice di una strategia di "inabissamento", mentre rimane da verificare l'impatto di recenti omicidi sui rapporti tra i due schieramenti.
Nella zona orientale le cosche, facendo perno su di un'articolata, seppur precaria, rete di alleanze locali e su consolidati legami con le "famiglie" palermitane, sono concentrate prevalentemente nei settori delle estorsioni, del traffico di stupefacenti e del riciclaggio. In seno al clan preminente si sono registrate nuove tensioni imputabili alle mire egemoniche di alcuni componenti.
Fermenti hanno interessato il Ragusano, soprattutto quei comprensori destinatari di flussi finanziari finalizzati ad incentivare lo sviluppo agricolo e zootecnico che potrebbero attirare interessi mafiosi.
L'inasprimento della conflittualità riguarda anche il Nisseno, ove la zona di Gela si conferma tra quelle a più alta densità criminale per la massiccia presenza di "manovalanza" composta da minori reclutati a basso costo.
Le consorterie calabresi hanno continuato a muoversi su un duplice piano operativo in cui il ricorso, con modalità particolarmente aggressive, all'intimidazione, alle estorsioni ed all'usura, teso al controllo del territorio, si associa alla gestione dei capitali di provenienza illecita, anche mediante operazioni finanziarie internazionali.
L'attivismo criminale riguarda anche gli appalti di opere pubbliche, lo smaltimento dei rifiuti ed il narcotraffico, in ordine al quale la 'ndrangheta si conferma come referente privilegiato dei "cartelli" sudamericani.
I collegamenti instaurati all'estero stanno consolidando sempre di più la dimensione sovranazionale delle cosche, alla ricerca di nuove aree di espansione nell'Europa dell'Est, nell'ex Jugoslavia, in Turchia e in Albania, in aggiunta ai tradizionali spazi di intervento oltreoceano.
La volatilità degli equilibri e l'avvio di lavori pubblici in territori su cui insistono più ‘ndrine potrebbero essere forieri di contrasti, con il prevedibile riaccendersi di sanguinosi conflitti.
Specifica attenzione viene riservata al porto di Gioia Tauro, snodo strategico nel traffico marittimo internazionale e pertanto esposto al rischio di essere individuato quale terminale dei grandi commerci illeciti latino-americani ed orientali. Eventualità, questa, che interferirebbe anche nello svolgimento delle attività produttive e nello sviluppo dell'indotto.
La disgregazione dei principali gruppi campani ha contribuito ad acuire la conflittualità, favorendo, specie nel Napoletano, la proliferazione di nuove compagini criminali, in una situazione che potrebbe preludere ad un cruento sfaldamento delle alleanze che controllano i commerci clandestini di stupefacenti e tabacchi.
Analogo processo sembra investire la provincia di Caserta ove i clan hanno recentemente allacciato collegamenti con l'Est europeo per il traffico di droga e di armi.
Le diverse operazioni di polizia e le prime, positive ricadute dei recenti accordi di collaborazione con il Montenegro hanno inciso sensibilmente sull'operatività di molte organizzazioni pugliesi, attraversate da rivalità interne e contrasti per l'acquisizione di nuovi canali di finanziamento e fonti di approvvigionamento.
All'origine dell'accresciuta ferocia che segna le azioni di quei gruppi e del ricorso a tipologie delittuose peculiari - come i cd. sequestri lampo a scopo di estorsione - si pongono, verosimilmente, l'interazione con la criminalità balcanica e l'intento di accumulare capitali, tipico delle fasi espansive e rispondente altresì all'esigenza di agevolare la latitanza dei boss nonché di assicurare continuità di funzionamento alla struttura logistica estera.
In questo quadro, se l'escalation di omicidi verificatasi nel Foggiano costituisce il segnale di una crescente tensione fra i clan, intenzionati ad ampliare le rispettive sfere di influenza, notevole allarme suscita l'attuale congiuntura registrata nella penisola salentina e - oltre a Brindisi, in cui si vanno reiterando gravi fatti di sangue, legati essenzialmente al traffico di tabacchi - soprattutto nel Leccese che evidenzia l'innalzamento della capacità offensiva di quella criminalità, emblematicamente confermato dalla tecnica usata e dall'efferatezza dimostrata in occasione dell'assalto, in dicembre, a furgoni portavalori.
Nel panorama delle espressioni delinquenziali, non viene trascurata la Sardegna, dove sono proseguiti gesti violenti di spiccato contenuto minatorio riconducibili alla permanente insofferenza di certi settori verso l'azione amministrativa degli enti locali.
b. gruppi stranieri
Le molteplici espressioni della criminalità straniera operanti nel nostro Paese costituiscono, ad un tempo, la proiezione di sviluppi nei contesti di origine e la risultante della trasposizione nell'ambito di insediamento delle caratteristiche tipiche della loro fenomenologia delinquenziale.
Tale processo di "adeguamento" - improntato ora ad esigenze di mimesi, ora a strategie violente di vera e propria "occupazione" - è andato configurando una minaccia poliedrica, a fronte della quale la ricerca informativa ha dovuto investire tanto aspetti di immediata incidenza sull'ordine pubblico, in coordinamento con le forze di polizia, quanto dinamiche transnazionali, in un'ottica integrante un'azione intelligence sul versante estero, con il necessario contributo degli organismi collegati.
La capacità di inquinare i sistemi economici costituisce l'aspetto pregnante della cd. mafia russa, impegnata a reinvestire gli ingenti profitti dell'illecito in attività imprenditoriali e finanziarie, secondo modalità che hanno sovente evidenziato il coinvolgimento di referenti italiani, non mancando, talora, di far registrare condotte più visibilmente delittuose, come lo sfruttamento della prostituzione ed il traffico di droghe, anche sintetiche. La stessa acquisizione di esercizi commerciali sottenderebbe, in alcuni casi, pratiche estorsive o usurarie.
Inoltre, il contraccolpo delle recenti inchieste sulla presunta corruzione di settori della nomenklatura di Mosca, il cruento confronto, in patria, tra schieramenti affaristico-mafiosi, nonché specifici segnali raccolti sul piano informativo concorrono a delineare il pericolo di omicidi di elementi di rilievo nel continente europeo, come già avvenuto in passato. In tale prospettiva, assume peculiare valenza la scelta del nostro Paese quale luogo di riunione tra esponenti di spicco della organizatsya e personalità russe a vario titolo colluse con quella criminalità per la ridefinizione delle alleanze e la concertazione di nuove linee operative.
Le aggregazioni nigeriane starebbero innestando anche nelle regioni più prospere del Nord centrali di smistamento di clandestini e stupefacenti, nonché circuiti di prostituzione gestiti con la violenza e l'intimidazione. La descritta tendenza espansiva, in grado di produrre contrasti con gruppi di diversa origine, trae ulteriore spinta dalla propensione a moltiplicare le iniziative di tipo commerciale a fini di riciclaggio.
Analoghi processi di infiltrazione nel tessuto economico si profilano con riferimento ai sodalizi cinesi, in ordine ai quali hanno trovato significativo riscontro investigativo non solo il segnalato attivismo nel segmento dell'immigrazione irregolare e del lavoro nero, ma anche il crescente coinvolgimento in crimini propri dell'associazionismo mafioso. Al riguardo, appare meritevole di attenzione l'eventualità di ingerenze nella comunità asiatica da parte delle potenti e ramificate Triadi.
Più diretti ed accertati legami con le consorterie del paese di origine presenta la malavita albanese, soggetto di punta nei commerci illeciti di varia natura dai Balcani.
Oltre alle già registrate intese degli albanesi con omologhe organizzazioni di altra nazionalità, incluse quelle anatoliche e dell'ex URSS, le più recenti acquisizioni hanno posto in luce accordi con clan camorristici, per l'approvvigionamento di armi, stupefacenti e tabacchi, con macedoni e montenegrini, per il transito di narcotici e migranti verso l'Europa, nonché con albano-kosovari, per la fornitura di materiale bellico alla militanza separatista, ovvero per il contrabbando di petrolio in direzione della Repubblica Federale di Jugoslavia.
In territorio nazionale tali gruppi - di cui, oltretutto, viene segnalata una competitività interna - si connotano per un'aggressività che sembra destinata a produrre situazioni di conflittualità con altre realtà criminali.
Significativo il caso della Puglia - teatro di consolidati rapporti di tipo collaborativo con la malavita locale, a motivo delle cointeressenze delinquenziali - ove sono emersi dissidi con i clan baresi per lo smercio di droga nel capoluogo. In alcune aree del Nord, inoltre, gli schipetari si trovano in una posizione di concorrenzialità, già tradottasi in episodi violenti, rispetto ai gruppi autoctoni, specie per lo sfruttamento della prostituzione. Le indicazioni concernenti il reclutamento di manovalanza maghrebina per lo spaccio di stupefacenti inducono, poi, ad ipotizzare il parallelo raggiungimento di una sostanziale egemonia o comunque di un "secondo livello" operativo.
A conferma della pervasività del fenomeno interviene, infine, il graduale quanto determinato inserimento di bande albanesi in contesti inediti, come la Sicilia orientale, ove le tensioni con la strutturata mafia endogena appaiono suscettibili di pericolose degenerazioni.
La dimensione fisiologicamente transnazionale dei traffici illeciti e l'intrecciarsi delle ramificazioni criminali da e per il nostro Paese hanno imposto uno specifico monitoraggio delle realtà geopolitiche di maggiore incidenza, tra le quali assume indubbia centralità la vicina regione balcanica.
In un'area in cui il susseguirsi di conflitti, la precarietà degli equilibri politici e la complicità di locali ambiti istituzionali hanno agito da moltiplicatore delle attività illegali, l'azione dei Servizi ha contribuito ad orientare le iniziative del Governo volte ad incoraggiare gli Stati oltreadriatico a forme di concreta collaborazione.
Sul versante interno, non viene trascurata l'eventualità che nella ricorrenza del Giubileo il moltiplicato impegno degli apparati di contrasto su altri fronti di minaccia, connotati anche da talune amplificazioni mediatiche, possa indurre la criminalità a nuove attivazioni, qualora dovesse percepire nella contingenza un allentamento della pressione info-investigativa.
L'apporto informativo relativo all'intero settore del crimine organizzato ha consentito, tra l'altro, l'arresto di 234 persone, delle quali 162 per associazione a delinquere di stampo mafioso, la cattura di 9 latitanti, nonché il sequestro di droga, armi, valuta e titoli falsificati, opere d'arte e reperti archeologici.
L'attività a presidio della sicurezza economica nazionale evidenzia il rischio di inquinamento criminale, anche di matrice estera, nel sistema produttivo e nei circuiti finanziari, tentativi di penetrazione in comparti di rilevanza strategica, nonché potenziali situazioni di danno riconducibili alla tensione sociale connessa alla crisi occupazionale ed alla ristrutturazione di settori-chiave.
Particolare attenzione viene riservata al reinvestimento dei capitali illegali ed al complesso corollario di manifestazioni delittuose che ne rappresentano, sovente, il presupposto ed il frutto, considerate le implicazioni sui versanti del sistema finanziario, dell'ordine economico e del libero mercato. Inoltre, la caratterizzazione di moltiplicatore patrimoniale insita nel meccanismo di ripulitura del "denaro sporco" riverbera effetti in termini di amplificazione della carica eversiva dei sodalizi, nell'assunto che ad una loro incrementata forza economica corrisponda un sempre più diffuso livello di aggressione sociale.
Le operazioni di riciclaggio continuano a ricondurre a quei "paradisi finanziari", le cui legislazioni sulla tutela della segretezza della titolarità dei patrimoni impediscono ogni forma di trasparenza delle attività economiche e finanziarie, favorendo, nella sostanza, la criminalità organizzata.
In prospettiva, il fenomeno potrà conoscere momenti di crescita per effetto dell'interazione della liberalizzazione degli scambi con lo sviluppo dell'informatizzazione, in assenza di adeguati strumenti di vigilanza e controllo.
Tra le manovre di intossicazione economica, è stato individuato un sofisticato sistema di frode in danno delle finanze nazionali e dell'Unione Europea, realizzato da una ramificata organizzazione, in grado di alterare la concorrenza in un segmento vitale del mercato intracomunitario.
Prosegue il monitoraggio per l'individuazione di insediamenti aziendali e di reticoli finanziari, funzionali ad eludere le misure internazionali di embargo, ovvero a favorire l'occultamento di risorse di provenienza delittuosa.
E' stata, del pari, sviluppata mirata ricerca informativa in direzione dei possibili canali di finanziamento dei gruppi oltranzisti islamici.
Alla consueta attività di supporto in favore del Comitato Difesa Industria si affianca la costante tutela preventiva del patrimonio di conoscenze specialistiche in settori di elevata caratura strategica, in un ambito in cui l'azione intelligence ha riguardato altresì i campi dell'energia e dell'alta tecnologia, rispetto ad attività controindicate poste in essere da paesi terzi, pure attraverso pratiche di concorrenza sleale. In tale contesto, ha formato oggetto di approfondimento la situazione nel quadrante balcanico, interessato da un articolato programma di ricostruzione delle zone colpite dal conflitto kosovaro e via di dispiegamento dei corridoi paneuropei.
Le prospettive di crescita dell'area, in relazione alle quali i terminali portuali dell'Adriatico giocheranno un ruolo cruciale nei trasporti e nell'offerta di servizi logistici, hanno determinato l'intensificazione delle iniziative estere per guadagnare posizioni di leadership anche a scapito degli scali italiani.
In un panorama che vede il permanere di carenze infrastrutturali in aree ove, oltretutto, il fenomeno dell'economia sommersa costituisce, a tutt'oggi, fattore di alterazione e condizionamento, le problematiche occupazionali continuano a costituire il perno delle iniziative di protesta e mobilitazione che hanno variamente interessato il precariato ed i senza lavoro, gli ambiti industriali coinvolti in piani di privatizzazione e ristrutturazione, le nuove formule di impiego flessibile.
Vengono seguiti alcuni settori del mercato agricolo investiti da difficoltà legate alla crescente globalizzazione ed alle determinazioni assunte in sede comunitaria, per l'eventualità di degenerazioni, anche clamorose, della contestazione.
Ciò, pure in ragione della confluenza di frange del malcontento verso posizioni ambientaliste radicali, specie nell'avversare l'impiego delle sostanze transgeniche, poiché vengono paventate, al di là dei rischi per la salute pubblica, penalizzazioni economiche della categoria.
a. sicurezza ambientale
Il rilevato rischio di un'indebita dispersione sul territorio dei prodotti radioattivi - specie quelli a bassa emissione provenienti dai settori della ricerca, dell'industria e della sanità - ha imposto la vigilanza sul sistema di raccolta, deposito e condizionamento.
Lo smaltimento abusivo dei rifiuti continua a rappresentare la minaccia di maggiore insidiosità non solo per la lesione diretta dei beni pubblici aggrediti, ma anche per la dominante e pervasiva interferenza criminale, che rallenta ogni iniziativa di bonifica e ripristino ambientale.
L'attività illecita più diffusa attiene alla costituzione di discariche clandestine - soprattutto nel Centrosud e con un crescente utilizzo, nelle zone insulari, di cave dismesse - in cui vengono interrati residui tossici o comunque pericolosi. In tale quadro, accanto ai tradizionali comportamenti occulti, si registrano tentativi di inserimento di una cosca nel progetto di edificazione di un impianto di trattamento nel Meridione.
Quanto al possibile insorgere di inediti profili di pericolo, riveste interesse il sistema di prelievo, stoccaggio e rigenerazione di taluni prodotti esausti di origine vegetale, nell'eventualità che un loro fraudolento impiego in usi zootecnici possa determinare contaminazioni nella catena alimentare.
b. pirateria informatica
Alla prospettiva di un'eventuale congestione dei sistemi connessa alla concomitanza del Giubileo con l'anno 2000 ha corrisposto l'attivazione costante degli organi di intelligence per individuare, sotto il profilo preventivo, iniziative rilevanti per la sicurezza.
Così, in seno alla componente radicale dell'antagonismo, specie di ispirazione anarcoide, è stato rilevato, oltre al consolidato ricorso alle "reti" a fini di propaganda e mobilitazione, l'intento di compiere atti ostili in coincidenza di eventi di rilievo internazionale, come nel caso dell'ultima conferenza dell'Organizzazione Mondiale del Commercio.
Del pari, ha formato oggetto di attenzione il rischio legato ai virus informatici, in relazione all'eventualità che la propensione a connotarli in termini simbolico-evocativi trovasse nella congiuntura di fine millennio fattori incentivanti per incrementarne la propalazione.
Quanto sopra, con riguardo anche a possibili iniziative volte ad amplificare la reale portata dei problemi tecnici per la datazione dei sistemi, allo scopo di generare allarme nell'opinione pubblica.
L'affermarsi contestuale della globalizzazione dei mercati e del mezzo telematico nelle transazioni economiche e finanziarie va ponendo, poi, nuove sfide alla sicurezza, laddove la territorialità che tuttora circoscrive le funzioni di controllo e giurisdizione, l'immaterialità di alcuni dei beni negoziati e la dimensione virtuale delle operazioni possono agevolare inserimenti criminali.
c. fenomeno delle sette
La peculiare valenza simbolica delle celebrazioni giubilari ha indotto gli organismi di intelligence a seguire con specifica attenzione il fenomeno delle sette, soprattutto di ispirazione millenarista o satanista.
Il passaggio del secolo ha sviluppato, in molteplici ed eterogenei gruppi, una crescita delle aspettative apocalittiche, con il rischio che anche singoli individui particolarmente suggestionabili possano rendersi responsabili di azioni eclatanti. Più in generale, la vigilanza informativa è volta a cogliere eventuali progettualità controindicate, specie in danno di luoghi sacri.
In questo senso, mirato impegno viene dedicato, di concerto con i Servizi collegati, a monitorare le presenze sul nostro territorio di seguaci di movimenti settari che già in passato si sono resi protagonisti di atti di forte impatto offensivo. Ciò, anche nella considerazione che taluni sodalizi millenaristici, continuamente alla ricerca di nuovi aderenti, potrebbero trovare spunto in problematiche di carattere ambientale, economico e sociale per promuovere campagne contro l'attuale sistema "capitalista".
Molti dei conflitti e dei focolai di tensione registrati sulla scena internazionale, talora inquadrabili in schemi evolutivi connessi ad istanze politiche o religiose, in altri casi espressione di processi endogeni peculiari, sono accomunati dalla tendenza a proiettare dinamiche di crisi al di fuori dei rispettivi contesti di origine.
Così, l'interazione dell'islamismo radicale con rivendicazioni etnico-separatiste, il suo contrapporsi a progetti politico-diplomatici destinati a marginalizzarlo ed i livelli ancora carenti di rispetto dei diritti umani in taluni ambiti nazionali costituiscono motivo conduttore di guerre e contenziosi che non mancano di presentare potenziali ripercussioni di natura terroristica sul continente europeo. Nel contempo, specifiche esigenze di tutela interessano paesi ed organismi sovranazionali impegnati in un ruolo di mediazione, di peace-keeping e di assistenza, talora percepibile in chiave ostile da taluna delle parti in causa. L'esposizione al rischio appare tanto più concreta quanto maggiori risultano le difficoltà di favorire l'innesto di stabili ordinamenti democratici che incoraggino lo sviluppo di una cultura del dialogo, della cooperazione e della legalità.
In quest'ottica di prevenzione si è dispiegata l'azione informativa dell'intelligence sul versante estero, che, al fine di cogliere ogni possibile segnale di minaccia alla sicurezza, ha interessato tanto aree vicine, quanto spazi geopolitici extraeuropei, investendo, in particolare, gli sviluppi postbellici nella regione balcanica, le vicende cecene, i fermenti in Asia centrale, taluni eclatanti accadimenti nel subcontinente indiano e nel Sudest asiatico, le evoluzioni in Medio Oriente e nel Maghreb, i numerosi conflitti africani.
a. area balcanica
La cessazione delle operazioni militari ha segnato l'inizio di un nuovo impegno della comunità internazionale nei confronti della regione balcanica, tradottosi in una strategia globale ed integrata - che ha trovato formale sanzione nell'ambito della Conferenza per il Patto di Stabilità - tesa a promuovere un processo di trasformazione democratica ed a scongiurare l'insorgere di ulteriori crisi.
In relazione alla presenza di forze militari nazionali e di nostri concittadini in missioni ONU ed in varie Organizzazioni Non Governative, l'attività informativa si è sostanziata in un costante monitoraggio finalizzato a rilevare tempestivamente eventuali indicatori di minaccia.
Per quanto riguarda la situazione nella Repubblica Federale di Jugoslavia (REJ), gli sviluppi registrati in Kosovo evidenziano il permanere di un'accesa conflittualità interetnica, che inquina l'azione volta ad attuare le intese per il riassetto politico-amministrativo della provincia.
In un quadro connotato dalla frammentazione del panorama politico albano-kosovaro - accentuata anche dall'imminenza delle elezioni generali, previste per la primavera del 2000 - il perdurante attivismo delle frange radicali ha comportato notevoli difficoltà nella smilitarizzazione delle forze indipendentiste e nella costituzione di un corpo con compiti di protezione civile, determinando altresì atteggiamenti di intolleranza nei confronti della Forza internazionale di sicurezza (KFOR) e reiterate violenze in danno delle componenti serba e rom.
A ciò ha corrisposto un crescente risentimento da parte serba nei confronti della KFOR, accusata di non garantire alla popolazione condizioni di sicurezza, contribuendo a determinarne l'esodo. Ne sono conseguite la decisione dei maggiori esponenti di quella comunità di sospendere la partecipazione a qualunque iniziativa di promozione della convivenza interetnica, nonché l'adozione di misure per la creazione di proprie strutture rappresentative e di difesa, in un contesto in cui elementi della polizia speciale serba potrebbero cercare di strumentalizzare la situazione.
La ricerca informativa ha individuato, tra i fattori in grado di incidere sulla sicurezza, la crescente penetrazione islamica, favorita sia dall'opera di proselitismo delle numerose ONG confessionali - che ha trovato facile innesto nella precarietà del tessuto socioeconomico - sia dall'inedito atteggiamento di apertura verso tali strutture palesato dai settori albano-kosovari più radicali, interessati agli aiuti dei paesi islamici. La presenza in seno alle ONG di elementi integralisti è stata più volte segnalata dall'intelligence per il rischio di attacchi al personale internazionale e per le eventuali proiezioni di attività controindicate nelle aree limitrofe.
La Serbia continua a caratterizzarsi per le notevoli difficoltà socioeconomiche, effetto del conflitto e dell'embargo - in un sistema peraltro fortemente inquinato da traffici illeciti - e per la vitalità dei partiti di opposizione, intesa a provocare un avvicendamento della leadership federale. Tuttavia, nonostante i tentativi di acquisire maggiore compattezza, la sostanziale frammentazione che ha sinora segnato il fronte del dissenso ha consentito il contenimento degli effetti della protesta da parte della dirigenza di Belgrado. Quest'ultima, pur manifestando disponibilità formale alla richiesta di elezioni politiche anticipate, starebbe adottando provvedimenti atti a potenziare il proprio controllo, anche promuovendo campagne di propaganda mirate ad enfatizzare la capacità di condurre il paese verso la ripresa postbellica.
E' di rilievo, sul piano della sicurezza, l'emergere di spinte autonomiste nella Serbia sudorientale, a predominanza etnica albanese, che potrebbero determinare un repentino deterioramento della situazione.
I rapporti con il Montenegro hanno registrato un progressivo inasprimento, in relazione alle misure intraprese da Podgorica per assicurarsi un'autonomia de facto che - partendo dalla presentazione della cd. "Piattaforma di base per le nuove relazioni tra Serbia e Montenegro", sul progetto di trasformazione della federazione in una "Comunità degli Stati" - sono giunte all'introduzione del marco tedesco quale valuta parallela alla divisa jugoslava ed alla nazionalizzazione di talune infrastrutture.
L'accelerazione impressa al processo ha contemplato anche il ventilato intento della dirigenza montenegrina di indire un referendum popolare per la secessione.
Tali iniziative hanno acuito la contrapposizione tra i due principali schieramenti del quadro politico interno, evidenziando rischi per la stabilità della repubblica che vede, al nord, una prevalente presenza serba, interessata all'integrità federale, a fronte di una più consistente aliquota montenegrina nelle regioni sudorientali, favorevole ad una maggiore autonomia.
Belgrado - ritenendo cruciale la permanenza del Montenegro nella RFJ - ha assunto un atteggiamento teso a contenere i disegni riformisti di Podgorica, rallentando i tempi per il raggiungimento di una soluzione negoziata.
Siffatto scenario - in cui alle manovre politiche si associano quelle militari, con il rischio latente di incidenti che potrebbero sfuggire al controllo dei rispettivi governi - non esclude l'eventualità di un improvviso passaggio ad una fase di aperta conflittualità.
Al riguardo, l'attività informativa va evidenziando la possibile incidenza, sull'evoluzione della crisi, di influenze esterne percepibili da entrambe le parti come diretto appoggio alle istanze di revisione dei rapporti interfederali.
In tale contesto ogni spinta centrifuga rischia di costituire modello di riferimento per altre aspirazioni separatiste, come quelle presenti in Vojvodina, ove i partiti rappresentativi della minoranza ungherese reclamano una maggiore autonomia per la provincia.
Anche i fattori di rischio rilevati in Macedonia scaturiscono dalle tensioni interetniche, in una cornice di accentuata instabilità politico-istituzionale.
Il ruolo determinante giocato dall'elettorato albano-macedone più radicale nelle elezioni presidenziali - sulle quali ha gravato, tra l'altro, il sospetto di brogli - potrebbe condizionare l'azione dell'esecutivo e lo stesso processo di consolidamento delle istituzioni democratiche.
Ciò, tenuto altresì conto della perdurante crisi economica e delle precarie condizioni di sicurezza dovute al crescente attivismo delle formazioni criminali, in rapporti sempre più stretti con la malavita albanese e con i gruppi estremisti islamici.
La stabilizzazione della Bosnia-Erzegovina è tuttora ostacolata dalle resistenze delle tre etnie costitutive, interessate a consolidare il proprio potere nelle zone di competenza facendo perno sugli stretti legami con taluni paesi di riferimento. Così, nella Repubblica Serba di Bosnia-Erzegovina (RSBE), la comunità serba ha continuato a frapporre ostacoli al reinsediamento dei profughi croati e musulmani nell'area di Brcko, osteggiando la costituzione di quella municipalità multietnica promossa attraverso un arbitrato internazionale.
Il clima politico ha risentito, nel contempo, della vacanza della carica presidenziale e della mancata formazione del governo a più di un anno dalle elezioni generali, nonché del riacutizzarsi della tensione, specie a seguito dei numerosi arresti di personaggi accusati di crimini di guerra, con un conseguente aumento degli indicatori di rischio nei confronti della presenza internazionale.
Aspetto, quest'ultimo, che, con riferimento a possibili azioni di ritorsione da parte di elementi radicali croato-bosniaci, è stato rilevato anche nella Federazione Croato-Musulmana dove viene altresì registrata la proliferazione dei sodalizi criminali.
In Croazia, dopo la scomparsa del presidente, la scena politica va delineando nuovi rapporti di forza. Ciò, in ragione dell'indebolimento del partito sinora al governo - derivante dalla competizione tra gli esponenti che ambiscono a guadagnarne la guida ed a candidarsi alle prossime elezioni presidenziali - e dell'accresciuto consenso dell'opposizione.
L'azione dell'intelligence ha evidenziato che l'evoluzione in senso moderato del quadro politico interno potrebbe ridimensionare l'influenza di Zagabria sulla componente croata della Bosnia-Erzegovina, mentre, rispetto alle relazioni con la comunità internazionale, rimane centrale l'atteggiamento di quella dirigenza in tema di perseguimento dei criminali di guerra.
L'attività informativa svolta in direzione dell'Albania - paese di primario interesse per i possibili riflessi sulla sicurezza nazionale che potrebbero derivare da un deterioramento della situazione - ha rilevato un progressivo incremento delle tensioni politico-istituzionali. Viene registrata, in particolare, una spiccata conflittualità interna ai principali partiti, sia di governo che dell'opposizione, che ha portato, da un lato, ad una ridefinizione della composizione dell'esecutivo e, dall'altro, ad una recrudescenza delle iniziative antigovernative, a fronte delle quali nell'ambito della stessa opposizione si sarebbe delineata un'ala moderata con l'intento di dar vita ad una nuova formazione disposta alla mediazione ed al dialogo.
Le perduranti difficoltà economiche vanno innalzando la tensione sociale, mentre resta elevata l'incidenza sulla sicurezza da parte dei sodalizi criminali - contrassegnati da rimarchevoli contrasti - nonostante l'impegno profuso per contenerne la pervasività. Ha trovato plurimi riscontri il segnalato attivismo, in seno a talune ONG operanti nel paese, di estremisti islamici collegati all'integralismo internazionale.
b. Comunità degli Stati Indipendenti
Gli esiti delle consultazioni per il rinnovo della Duma e l'avvicendamento alla guida della Federazione russa rappresentano l'epilogo di una fase caratterizzata dalle iniziative del Cremlino volte a recuperare la credibilità minata dalle accuse di corruzione, assicurarsi la gestione delle trasformazioni politiche e del passaggio di poteri, sanando, contestualmente, lo scontro tra l'esecutivo e l'organo legislativo. Lo stesso intervento armato in Cecenia ha finito col guadagnare consenso alla dirigenza, facendo leva sui sentimenti nazionali.
In tale quadro, le prossime elezioni presidenziali, anticipate al mese di marzo, sembrano destinate a sanzionare la scelta del nuovo leader, anche in ragione del controllo da questi esercitato sull'apparato statale e dell'appoggio di importanti gruppi finanziari.
Permangono, tuttavia, le incognite legate agli sviluppi della situazione in Cecenia. Obiettivi essenziali restano la neutralizzazione della guerriglia ed il mantenimento della diretta influenza sulla regione caucasica, di primaria importanza geostrategica.
Le capacità difensive delle milizie ribelli potrebbero infatti prolungare i tempi del conflitto, elevandone i costi in termini di vite umane e di impegno finanziario. Tale eventualità conferirebbe nuovo slancio all'opposizione, soprattutto in considerazione della precarietà della situazione economica, che - nonostante taluni segnali di ripresa - continua a risentire del ritardo di provvedimenti strutturali idonei a favorire il decollo produttivo.
In tale contesto, le scelte della Russia con riferimento al teatro ceceno appaiono, nel breve termine, influenzate dall'imminente scadenza elettorale, attesa la valenza che si assegna all'andamento delle operazioni sul piano del consolidamento del consenso.
Il problema ceceno interagisce anche con l'azione diplomatica di Mosca, finalizzata ad acquisire maggiore visibilità sulla scena mondiale in un quadro che registra, da un lato, l'esigenza di consolidare le relazioni con l'Occidente - anche allo scopo di non pregiudicare gli interventi degli organismi finanziari internazionali - e, dall'altro, l'insorgere di distonie con i paesi NATO riconducibili, in parte, alle pressioni dei vertici militari, che intendono recuperare un ruolo nella definizione della politica estera, specie per gli aspetti attinenti alla sicurezza.
Al riguardo, l'aspirazione a riequilibrare il confronto con gli USA - pure in relazione alle partite che si giocano in campo energetico - potrebbe indurre il Cremlino a ricercare convergenze strategiche con altri attori internazionali.
La prosecuzione del conflitto con Grozny acuirebbe inoltre i fattori di instabilità nell'intera regione caucasica, accentuando le difficoltà di Mosca nel promuovere lo sviluppo economico di quelle entità della Federazione e nel risolvere le questioni etniche, religiose e territoriali emerse dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica.
Questo scenario favorirebbe l'azione di proselitismo dei movimenti fondamentalisti islamici, in particolare di quelli wahabiti, e ridurrebbe la disponibilità dei settori più propensi al dialogo politico, conferendo altresì concretezza al pericolo di una ripresa delle iniziative terroristiche di matrice indipendentista.
Il permanere di spinte secessioniste, in una situazione di deterioramento dell'ordine pubblico, caratterizza anche le altre repubbliche caucasiche della CSI.
Il tentato colpo di stato di ottobre in Armenia, aggravando ulteriormente la tensione, rischia di pregiudicare le trattative con l'Azerbaigian in ordine al contenzioso sul Nagorno-Karabakh, rendendo prevedibili ulteriori incidenti e violazioni del cessate il fuoco.
In Georgia si sono registrati crescenti contrasti politici e la radicalizzazione del confronto con la dirigenza della Repubblica separatista dell'Abkhazia, anche a seguito dell'indizione, da parte di quest'ultima, di elezioni presidenziali, ritenute illegittime dalla stessa comunità internazionale.
Inoltre, la crisi cecena ha inasprito i rapporti tra le autorità russe e i governi georgiano ed azero, in ragione del passaggio asseritamente consentito ai volontari islamici che danno supporto alla guerriglia, dei ripetuti sconfinamenti russi nello spazio aereo e territoriale della Georgia nonché a causa del consistente afflusso di rifugiati ceceni in quel paese.
Quanto agli altri stati europei della CSI, in Ucraina, nonostante la conferma del presidente garantisca la prosecuzione della linea moderata, difficoltà potrebbero emergere nell'attuazione delle riforme strutturali, atteso il deterioramento delle condizioni economiche. Tale eventualità rischia di rafforzare i settori "nostalgici" del vecchio regime, compromettendo le progettualità delle forze riformiste e provocando una revisione delle linee guida della politica estera sinora perseguita, basata su un crescente scambio con l'Unione Europea.
In Belarus, parallelamente all'accelerazione del processo di integrazione con la Russia, permane la vigenza di misure straordinarie di sicurezza tese a contenere l'attività delle forze di opposizione, la cui area di consenso sembra vada estendendosi anche ai settori militari.
L'area centroasiatica della CSI riveste un ruolo strategico per lo sviluppo dei progetti energetici e per le vie di approvvigionamento in direzione dei mercati occidentali. In un contesto segnato da degrado economico, diffusa corruzione degli apparati di governo e collusioni di settori istituzionali con la criminalità, la necessaria stabilità che garantisca anche una cornice di sicurezza è minacciata dalla recrudescenza di attività terroristiche di matrice islamista, sia nelle regioni meridionali del Kirghizistan che in quelle orientali del Tagikistan, sia, soprattutto, in Uzbekistan.
c. area mediorientale
I risultati raggiunti nel dialogo israelo-palestinese, unitamente al profilarsi di più ampie aperture nel processo di pace dell'intera regione con l'avvio delle trattative tra Israele e Siria, costituiscono importanti successi sul piano diplomatico, ferma restando la complessità dei negoziati in corso, incentrati su questioni di rilievo sia strategico che simbolico.
Infatti, accanto all'esigenza di definire le prerogative dell'Entità autonoma, di sanzionare lo statuto giuridico di Gerusalemme e di tracciare un assetto territoriale che garantisca, con libertà di movimento ed autonomia, un livello accettabile di sicurezza - argomenti su cui sono focalizzate le trattative tra Tel Aviv ed Autorità Nazionale Palestinese (ANP) - si pongono problemi di più vasta portata, relativi al destino dei profughi ed alla distribuzione delle risorse idriche, che coinvolgono direttamente diversi protagonisti dell'area.
Le difficoltà di composizione sono testimoniate dalle dinamiche che attraversano il tessuto sociale e politico dei paesi interessati in cui, alle diffuse aspettative di pace e benessere, si contrappongono le attività di sodalizi oltranzisti che, facendo leva sugli ostacoli nel percorso di pacificazione, propugnano una conflittualità permanente e potrebbero reagire ad un progressivo isolamento politico facendo ricorso allo strumento terroristico.
Quanto sopra vale per Israele, ove spinte radicali si coniugano con rimarchevoli istanze identitarie, e per l'ANP che, pur avendo conseguito importanti successi nella lotta al terrorismo e nel consolidamento del proprio indirizzo politico, deve anch'essa fare fronte a rivendicazioni estremiste.
Il panorama è ulteriormente complicato dall'insieme delle prospettive che ispirano i comportamenti di taluni governi della regione.
Così in Siria la disponibilità alla normalizzazione dei rapporti con Israele, che prefigura un nuovo approccio anche con l'Occidente, si accompagna ai preparativi politici della successione alla leadership, mentre in Giordania prosegue l'opera di democratizzazione e rinnovamento istituzionale, che ha alimentato il consenso popolare nei confronti del Sovrano, attento anche ad allontanare i rischi di destabilizzazione provenienti dagli ambienti estremisti, specie quelli che rifiutano il processo di pace.
Sul piano della sicurezza sono di rilievo, inoltre, le tensioni che attraversano il Libano, dove sembra delinearsi una tendenziale convergenza di frange radicali palestinesi con formazioni islamiste sovranazionali.
Quel paese va acquisendo, anche in prospettiva, rinnovata centralità, dovendo misurarsi con le risoluzioni con cui le milizie sciite intenderanno rispondere all'annunciato ritiro israeliano dalla zona meridionale; con la sorte che i negoziati riserveranno ai profughi palestinesi, il cui ritorno nei luoghi di origine, auspicato da Beirut, incontra l'opposizione di Tel Aviv e la cautela della stessa ANP; con il recente attivismo armato, anche contro obiettivi non collegati alle dinamiche mediorientali, di integralisti riconducibili al fronte internazionale islamico.
La presenza, in forma stanziale o in transito, di mujaheddin arabo-afghani viene rilevata anche nello Yemen, ove si pone all'origine dell'aumentata operatività del radicalismo locale cui sono da ascrivere anche minacce nei confronti di alcuni rappresentanti diplomatici occidentali. Ciò in un contesto in cui gli attentati dinamitardi a danno di infrastrutture petrolifere nel nord e nel sud del paese e le ripetute aggressioni a stranieri, ad opera di alcune tribù, contribuiscono a disegnare una situazione di instabilità, cui concorrono malessere socioeconomico e disaffezione al regime.
In Iran vanno aumentando i contrasti in seno alla dirigenza, tuttora divisa tra conservatori e riformisti. In un quadro che ha già fatto registrare manifestazioni di piazza a sostegno della linea pragmatica adottata dal presidente ed il parallelo inasprimento delle misure repressive - anche in ragione del controllo tuttora mantenuto dagli ultraconservatori su taluni apparati-chiave - l'imminenza delle consultazioni politiche potrebbe acuire il confronto fra le parti, elevando i rischi per la sicurezza.
L'Iraq - in relazione al quale sussistono tuttora perplessità in merito all'effettiva rinuncia alle aspirazioni egemoniche ed al conseguente abbandono dei programmi di sviluppo delle armi non convenzionali - mantiene elevato il confronto con Stati Uniti e Gran Bretagna.
Il peggioramento delle condizioni socioeconomiche determinato dal protrarsi dell'embargo, per effetto della posizione di chiusura nei confronti dell'ONU, eleva i rischio del reiterarsi di episodi insurrezionali, mentre la repressione contro l'opposizione sciita rende possibili ulteriori scontri a connotazione etnico-religiosa nelle province meridionali del paese.
d. area nordafricana
La collocazione geopolitica della Penisola, il dinamismo del nostro Paese nell'ambito del "processo di Barcellona", unitamente al ruolo rivestito nella promozione di una cornice di sicurezza, sviluppo e cooperazione estesa alla sponda meridionale del Mediterraneo - anche attraverso canali di dialogo privilegiati e strette forme di partenariato commerciale - rappresentano altrettanti fattori che inducono ad assegnare rilevanza centrale al Nordafrica ed agli sviluppi che interessano quegli scenari.
L'area, inoltre, si pone ad un tempo quale centro di irradiazione e tappa intermedia di flussi migratori in direzione dell'Europa, "laboratorio" della strategia islamista e, significativamente, come uno dei teatri primari in cui si gioca il rapporto dell'Occidente con il mondo arabo.
Sotto quest'ultimo profilo, a confermare l'impatto tuttora esercitato da talune questioni, va registrato come le recenti iniziative assunte dalla Mauritania nei confronti di Israele - con il ristabilimento di piene relazioni diplomatiche - abbiano prodotto una nuova impasse nell'attività dell'Unione del Maghreb Arabo e nell'integrazione regionale.
Di peculiare significato, anche in considerazione dei nostri interessi nel campo dell'approvvigionamento energetico, è la situazione dell'Algeria.
Sulla possibilità di una sua evoluzione in termini di stabilità pesano ancora talune incognite legate ai risultati del processo di riconciliazione. Infatti, a fronte del consenso popolare ottenuto in materia dal presidente, si pongono i dati contraddittori sulle cifre degli estremisti che vi hanno aderito, il persistere delle azioni terroristiche, indicazioni relative all'intento degli estremisti di rafforzare la propria presenza anche nell'area della capitale, il recente assassinio di un elemento di spicco della corrente moderata, nonché la denuncia del "patto" con il regime recentemente operata dalle più note espressioni del movimento islamista. In tale quadro, gli sviluppi futuri potrebbero subire i riflessi del prevedibile permanere sulla scena di fazioni irriducibili - le quali, privilegiando sovente obiettivi militari, mostrano una certa lucidità strategica - e delle determinazioni che, in tema di confronto con le formazioni armate, verranno assunte dalla componente più prettamente politica di quell'integralismo, cui le autorità hanno rifiutato la piena riabilitazione, conducendo oltretutto trattative separate con la sua articolazione operativa.
Acquistano pertanto rilievo, al riguardo, il sostegno espresso da ideologi di spicco della galassia internazionalista e le acquisizioni relative al rafforzamento dell'indirizzo fautore di un ampliamento del teatro d'azione oltre i confini del paese nordafricano.
Il contenimento dell'islam militante informa anche l'azione del governo egiziano che ha recentemente assunto ulteriori iniziative nei confronti del maggiore movimento religioso ed ha impedito, nel contempo, l'ingresso sulla scena politica a due aggregazioni partitiche riconducibili ai gruppi armati. Ciò, in una situazione in cui le chiusure all'inserimento delle rivendicazioni sociali e confessionali nella dialettica istituzionale, l'esistenza di cellule dichiaratamente contrarie alla tregua, il richiamo in chiave combattente a tematiche che trascendono quei confini ed il figurare, infine, di elementi di spicco del radicalismo tra i collaboratori di Bin Laden potrebbero lasciare spazio all'azione violenta ed imprevedibile, eventualmente anche in danno di obiettivi occidentali, da parte di nuclei residuali ovvero espressione del fronte integralista internazionale.
L'aspirazione ad un'affermazione politica delle istanze islamiste accomuna anche realtà del Maghreb ove da tempo più contenute sono le espressioni armate, come la Tunisia. La leadership integralista, infatti, ha elaborato un'articolata lettura delle dinamiche in atto nel paese, e nel mondo islamico in generale, che, pur riconoscendo la necessità del confronto pacifico, sottolinea - in un passaggio che acquista anche valenza prospettica - come la ragione dell'acuirsi della conflittualità risieda proprio nella contrazione dell'orizzonte politico.
La costante ricerca, nel nome di una comune identità culturale ed ideologica, di contatti e saldature con altre realtà africane, che domina le teorizzazioni e le scelte operative panislamiche, rappresenta singolarmente, pur se in tutt'altra chiave, il tratto caratterizzante degli orientamenti diplomatici della Libia. Tale paese, efficacemente impegnato nel contrasto dell'opposizione islamica, ha infatti mostrato un rimarchevole dinamismo teso ad acquisire nuova agibilità sulla scena estera ed un ruolo di mediazione e traino nel panorama continentale, funzionale a perseguire i propri progetti nell'area ed a sanare le conseguenze del protratto isolamento, migliorando le relazioni con l'Occidente ed attraendone gli investimenti.
Non vi sono segnali di una particolare esposizione al rischio islamista per il Marocco, ove il nuovo Sovrano ha promosso una serie di iniziative volte a favorire il processo di democratizzazione, assegnando attenzione prioritaria ai problemi socioeconomici. La nuova leadership eredita, peraltro, l'irrisolto contenzioso del Sahara occidentale, il cui travagliato iter referendario potrebbe indurre le fazioni indipendentiste più oltranziste a riproporre azioni violente o di sabotaggio di basso profilo.
e. Corno d'Africa ed Africa subsahariana
Nel Corno d'Africa, lo scenario permane caratterizzato da elevata instabilità. Nonostante le pressioni internazionali, il negoziato per la soluzione del contenzioso territoriale tra Etiopia ed Eritrea non ha evidenziato significativi progressi per la mancata definizione circa i dettagli del piano di pace promosso dall'Organizzazione per l'Unità Africana (OUA).
A fronte dello stallo delle trattative, la costante attività di potenziamento dei rispettivi dispositivi militari lungo la fascia confinaria comune conferma la perdurante sfiducia delle parti circa le prospettive di pacificazione, con il rischio di una ripresa generalizzata del confronto armato, in un quadro segnato altresì dallo stato di precarietà in cui versano ingenti masse di profughi.
Nondimeno, i due paesi continuano a misurarsi anche in Somalia, fornendo uomini e mezzi a schieramenti rivali.
Quella situazione è tuttora connotata da forti contrasti interclanici nella zona di Mogadiscio e nelle regioni centromeridionali. I più recenti avvenimenti hanno poi messo in luce la diffusione del fondamentalismo islamico, specie ad opera di formazioni che, diversamente dalle altre, prescindono dall'appartenenza tribale.
Il peso crescente assunto, anche in termini militari, dai gruppi integralisti e l'appoggio fornito ai movimenti etiopici di opposizione armata hanno indotto Addis Abeba a mantenere un proprio presidio nell'area.
Il persistente stato di precarietà dell'Africa centrale è essenzialmente correlato con la crisi in atto nella Repubblica Democratica del Congo, cui contribuisce variamente il sostegno fornito alle forze contrapposte da diversi Stati della regione.
Il rilevato, continuo riarmo ad opera delle parti fa ritenere improbabile una pacificazione in tempi brevi, nonostante la sottoscrizione di una tregua; la situazione della sicurezza, anzi, è in fase di progressivo deterioramento, con elevati rischi per il personale straniero operante nel paese.
In Angola, pur dopo i significativi successi ottenuti dalle forze governative, sembra destinata a perdurare una conflittualità che non ha mancato di far registrare il dinamismo di taluni attori anche sulla scena europea.
A seguito del colpo di stato effettuato dai militari, sono attentamente seguiti gli sviluppi in Costa d'Avorio, pure per la presenza in loco di nostri connazionali.
La recente decisione del presidente di sciogliere il parlamento e dichiarare lo stato di emergenza ha introdotto un nuovo fattore di crisi in Sudan, già caratterizzato da lacerazioni sia sul piano politico che della sicurezza. Sebbene non siano emersi segnali circa una reazione armata della componente islamica più radicale, esautorata dai citati provvedimenti, non può escludersi il ricorso ad azioni contro singole personalità. Ciò, in un quadro in cui proseguono gli attentati dei gruppi dell'opposizione armata, operante prevalentemente nel sud, alle infrastrutture petrolifere, al fine di ostacolare lo sfruttamento delle risorse energetiche da parte governativa.
Ognuno dei focolai di guerra presenti sul continente africano ha continuato a porsi come epicentro di flussi di profughi che si riversano negli Stati contermini, importandovi tensioni e conflitti ed aggravandone le già precarie condizioni socioeconomiche.
In tali aree, inoltre, forti interessi interagiscono con i contrasti interetnici, costituendo un serio ostacolo alla soluzione negoziale delle crisi in atto. In questo senso, un'ulteriore spinta alle ostilità si rinviene nella competizione per lo sfruttamento delle ingenti ricchezze minerarie e petrolifere, i cui proventi vengono oltretutto impiegati per l'acquisizione di armi ed il reclutamento di miliziani.
f. altri contesti di interesse
In Afghanistan, si sono intensificati gli scontri tra le truppe islamiche e le forze d'opposizione. L'entrata in vigore delle sanzioni ONU, comminate per il rifiuto governativo di estradare il terrorista Bin Laden, rischia di provocare pesanti ripercussioni sull'economia del paese soprattutto in virtù della decisione degli Emirati Arabi e del Pakistan di adeguarsi alla risoluzione.
Il repentino precipitare degli eventi a Timor Est ha sollecitato l'attenzione verso un'area sino a quel momento al di fuori dell'ambito di attivazione, in considerazione dell'invio di un contingente italiano in seno alla presenza ONU nell'isola.
L'intervento della Forza multinazionale ha avviato un lento processo di normalizzazione, con il progressivo disarmo delle milizie antindipendentiste ed il rientro dei rifugiati, in un quadro tuttora non esente da profili di rischio per i profughi e per il contingente di pace, che registra l'intensificazione in talune province della protesta popolare finalizzata all'indizione di un referendum per l'indipendenza.
La situazione induce a ritenere che le aperture dell'attuale dirigenza verso le istanze secessioniste siano il risultato di accorte valutazioni. La definitiva democratizzazione del paese, infatti, potrà favorire il suo riavvicinamento alla comunità internazionale e la concessione di aiuti finanziari, indispensabili per la ripresa economica. Resta comunque l'incognita dell'atteggiamento delle forze armate che, pur in un ruolo sostanzialmente ridimensionato, sono ancora in grado di condizionare il potere politico.
Sulle descritte situazioni di crisi si innesta la minaccia del terrorismo internazionale, vettore di destabilizzazione parallelo e concorrente rispetto a quei conflitti che ne costituiscono la scaturigine.
La perdurante presenza di irrisolti contenziosi e di rimarchevoli squilibri socioeconomici integra una delle cause primarie del fenomeno, specie di matrice confessionale, che risulta in grado di permeare, in modo graduale quanto consistente, anche contesti di nuova emersione.
La vitalità del fondamentalismo, la sua capacità di far leva sulle istanze di riscatto di larghe fasce della popolazione e l'aspirazione a porsi come interlocutore ineludibile a livello mondiale contribuiscono infatti a determinarne la diffusione, oltre che in nazioni da tempo impegnate nel suo contenimento, in quadranti cui la ridefinizione degli assetti geopolitici assegna rinnovata, quando non inedita, centralità.
Possono essere letti in tale ottica gli eventi registrati nel Caucaso e nell'Asia Centrale, ove si concentrano intenti di supremazia di taluni protagonisti regionali e cospicui interessi legati alle rotte di approvvigionamento energetico. Inoltre le marcate divisioni etniche, la debolezza delle istituzioni e la pervasività di potentati criminali concorrono a creare un humus particolarmente propizio all'espansione del radicalismo.
Quell'ambito continentale riveste del resto una valenza paradigmatica, poiché fornisce uno scenario esemplare della versatilità del movimento integralista nell'interagire con dinamiche atte a potenziarne l'impatto e nel modularsi sulle situazioni di fatto, ora ispirando l'indirizzo di schieramenti al potere, ora, viceversa, sostenendo lotte "irredentiste".
La modularità dell'islamismo e la connessa mobilità osmotica dei militanti - entrambe riprove della propensione ad agire in termini sovranazionali - hanno trovato significativa conferma nelle indicazioni relative a pianificazioni terroristiche affidate a commando misti ed alla costituzione di nuclei in cui confluiscono combattenti di varia estrazione, che traducono in sinergia operativa i contatti risalenti alle comuni esperienze belliche ed addestrative.
A ciò corrispondono il delinearsi di nuovi fronti di minaccia, in cui non di rado convivono profili ideologici e criminali, il coagularsi di un ampio versante antioccidentale - suscettibile di divenire ambito di coltura privilegiato per saldature di particolare insidiosità - ed una conseguente crescita del numero degli obiettivi.
Di tutto rilievo, in proposito, è il moltiplicarsi dei segnali sull'attivismo del noto Osama Bin Laden, la cui figura viene variamente riconnessa, talora in modo improprio, ad una pluralità di teatri di crisi, dalla Cecenia al Corno d'Africa.
Ciò, se da un lato testimonia della preminenza ormai assunta dal personaggio, rappresenta verosimilmente, nel contempo, la traduzione di una precisa scelta strategica. Infatti, l'uso ricorrente dei mezzi di comunicazione per diffondere messaggi e "rivelazioni" dal tenore minatorio ha inaugurato una "stagione mediatica" dell'integralismo, che mira ad esercitare una specifica pressione destabilizzante - complementare rispetto al ricorso alla pratica terroristica - non di rado favorita da talune tendenze allarmistiche.
Al di là di tale lettura, molteplici indicatori attestano l'interesse del soggetto per diverse aree, mentre continua a rappresentare un'autonoma fonte di pericolo l'addestramento garantito ai militanti di più gruppi radicali.
Ulteriori profili di rischio si rinvengono nei cd. "mujaheddin non allineati", impiegabili all'occorrenza in zone inedite, e nella contrazione degli orizzonti politici ed operativi delle formazioni oltranziste attive in Medio Oriente. In quello scacchiere, infatti, il rilancio del negoziato arabo-israeliano fa registrare, con il riposizionamento in senso moderato di alcune organizzazioni, lo sbilanciamento dei gruppi radicali palestinesi oltre il loro tradizionale ambito d'azione.
La trasversalità di tematiche come l'antisionismo, il permanere di segnali contraddittori con riferimento ad alcuni Stati - per il controllo tuttora mantenuto sui comparti sensibili da schieramenti avversi alla modernizzazione - nonché l'emarginazione subita da determinati soggetti costituiscono altrettanti spunti in grado di catalizzare iniziative di impronta marcatamente offensiva.
Viene valutata con attenzione, in base alle evidenze raccolte, la possibilità che il movimento islamista scelga di perpetrare attacchi contro obiettivi simbolici, ancorché periferici, ricorrendo ad articolazioni poco note al di fuori dei luoghi di origine.
Lo strutturarsi del fenomeno in termini multinazionali non esclude infatti l'uso dello strumento terroristico per esigenze di singole componenti, al fine di sanare difficoltà interne e di attuare ritorsioni per la repressione subita.
In questo senso, diversi elementi inducono a seguire in modo peculiare le dinamiche evolutive del Nordafrica, per l'ipotesi che le fazioni algerine contrarie al processo di riconciliazione superino le divisioni decidendo di esportare al di là di quei confini la lotta armata e che analoghi intenti maturino in seno al radicalismo egiziano, in risposta alle chiusure incontrate sul piano politico.
Entrambe le eventualità, in ragione dell'esplicita chiamata in causa di paesi europei da parte di aggregazioni algerine - dimostratesi attente allo scenario internazionale ed alle iniziative di cooperazione nel contrasto al terrorismo - e della capacità operativa all'estero mostrata in passato dalle formazioni egiziane, disegnano specifici profili di minaccia per il nostro Continente, che risulta altresì esposto ai riflessi della penetrazione dell'oltranzismo confessionale nella regione balcanica.
Questa continua a rappresentare territorio privilegiato per organismi non governativi di varia matrice che, in taluni casi, affiancano agli interventi di tipo umanitario un rilevante attivismo di stampo integralista. Ciò, mentre diverse segnalazioni evidenziano la perdurante presenza nell'area di campi di addestramento - per mujaheddin impiegati sia nella stessa zona, in quei conflitti interetnici, sia in appoggio alla guerriglia cecena e daghestana -, lo svolgimento di un sostenuto traffico di armi in favore di alcune enclave radicali e la progettazione di attentati ai danni del contingente militare internazionale, soprattutto statunitense.
In tale panorama, il monitoraggio degli estremisti all'interno dei confini nazionali conferma la vitalità della componente algerina, impegnata nel supporto ai gruppi della madrepatria e nella strutturazione di cellule di impronta internazionalista, attive nella ricerca di contatti con omologhe realtà che, pur possedendo ridotte capacità operative, risultano utilizzabili in appoggio a nuclei provenienti dall'estero.
E' di rilievo, inoltre, quanto registrato circa l'esistenza di una rete italo-egiziana dedita a favorire l'espatrio di militanti in direzione dell'Europa, i ramificati rapporti mantenuti in ambito continentale, il consolidarsi di una sponda canadese ed il coinvolgimento di elementi tunisini e marocchini in illeciti - quali la produzione di documenti di identità ed il falso nummario - a fini logistici e di autofinanziamento.
Con riguardo alle formazioni mediorientali, va emergendo la graduale riattivazione delle strutture europee, cui eventualmente ricorrere per il compimento di atti terroristici - specie contro obiettivi israeliani - qualora dovesse prevalere la scelta di rilanciare la lotta armata al di fuori dell'area di origine.
A confermare il progressivo innesto anche in territorio nazionale di una vocazione universalista, si pongono inoltre l'ampliarsi delle tematiche propagandistiche e le attivazioni solidaristiche nei confronti dei "fratelli" del Daghestan, della Cecenia e del Kosovo in seno a centri di aggregazione che - pressoché triplicati nell'ultimo triennio - rappresentano non di rado poli per il proselitismo di stampo integralista e per l'inserimento di spunti intesi ad imprimere carattere oltranzista alle rivendicazioni relative all'integrazione nella società occidentale.
Sul territorio nazionale vengono altresì seguite le espressioni della dissidenza a taluni regimi poiché esse, pur prioritariamente impegnate ad accreditarsi sul piano politico, rappresentano comunque articolazioni di formazioni che, nei paesi di provenienza, agiscono con i mezzi e gli strumenti della lotta armata.
La valutazione che individua nella restrizione degli orizzonti politico-operativi un innesco per progetti di natura terroristica e nelle conseguenze dell'isolamento il motivo di possibili alleanze contingenti con realtà estremiste di diversa estrazione ed orientamento vale anche per le frange curde ultraradicali, di cui sono monitorati gli sviluppi in relazione alle evoluzioni dell'organizzazione più rappresentativa ed alla luce dell'accentuato attivismo, in Europa, di un gruppo anatolico di estrema sinistra.
In ambito continentale, del resto, si assiste ad una generale reviviscenza dell'indipendentismo - sia iberico, che bretone e corso - che interessa anche sodalizi evidenziatisi in passato per i contatti con taluni segmenti dell'antagonismo nazionale, il cui impegno nel consolidare rapporti con gruppi oltranzisti esteri va necessariamente letto tenendo presente il richiamo ad un fronte combattente antimperialista contenuto nel documento di rivendicazione dell'omicidio D'Antona.
Specifici indicatori di rischio circa una ripresa della violenza su larga scala si riferiscono, in particolare, al terrorismo basco, pure in ragione della posizione assunta dalle espressioni tradizionali di quella causa che, marginalizzando le fazioni armate, ne accentua potenzialmente la carica aggressiva. Dato, questo, che rimanda anche alla scena nordirlandese, ove i recenti passaggi positivi del processo di pace convivono con i segnali relativi alla costituzione di una nuova aggregazione comprendente gli elementi più irriducibili dello scissionismo repubblicano e con conflitti violenti in seno all'estremismo lealista.
I fermenti raccolti nelle componenti radicali e le indicazioni provenienti dalla collaborazione internazionale inducono a guardare con attenzione alle manifestazioni legate al Giubileo, da tempo indicato quale evento suscettibile di essere colpito soprattutto per giovarsene quale eccezionale cassa di risonanza.
Il rilievo della ricorrenza, il valore confessionale e simbolico che essa riveste, la visibilità che è in grado di conferire ad iniziative controindicate rappresentano di per sé - al di là di specifiche progettualità offensive - altrettanti indici della peculiare esposizione a rischio dei luoghi interessati dalle celebrazioni, in un'ottica che conferisce spessore anche all'eventualità che l'appuntamento religioso attragga surrettizi inserimenti ed intenti strumentali nonché azioni isolate di elementi fanatici.
Gli elevati livelli di spregiudicatezza rilevabili nella gestione dell'immigrazione clandestina costituiscono l'aspetto più visibile dell'accresciuto coinvolgimento delle mafie internazionali in un fenomeno che, costantemente alimentato da endemiche situazioni di conflittualità ed arretratezza socioeconomica, è divenuto, ad un tempo, fonte inesauribile di ingenti profitti a basso rischio e perno di articolati circuiti delinquenziali.
Specie con riguardo ai flussi provenienti dall'area balcanica, suscettibili di repentine impennate in dipendenza di crisi locali, la canalizzazione sul territorio albanese di ondate di irregolari extraregionali ha indotto i clan malavitosi a realizzare vere e proprie "centrali operative", in grado di coprire l'intera gamma di "servizi" richiesti e di rimodularne l'offerta in relazione al variare della domanda o dei margini di agibilità assicurati dalle carenze dei locali apparati di contrasto.
Del pari, è significativo come alla sensibile contrazione di profughi albano-kosovari abbia fatto riscontro un incremento delle correnti migratorie di diversa provenienza, che ha mantenuto pressoché inalterato l'andamento quantitativo del fenomeno. Un ruolo di rilievo potrebbero avere avuto, nella circostanza, i collegamenti con la potente mafia turca per il traffico di clandestini di etnia curda e con gruppi ed organizzazioni di altra nazionalità utili al convoglio, anche via aerea, di migranti asiatici ed africani in suolo schipetaro ed al loro avvio lungo il canale d'Otranto.
L'indubbia supremazia dei clan albanesi nei commerci illeciti dei Balcani si giova, oltretutto, dell'illegalità diffusa che grava sull'intera regione, inquinando settori istituzionali ed apparati di polizia: lunghi tratti confinari si rivelano altrettante zone grigie ove, pur a fronte di perduranti crisi politiche, le logiche di profitto trascendono sovente le divisioni etniche, configurando alleanze "trasversali" in apparente contraddizione con il contesto di riferimento.
In questo senso, mentre i territori bosniaco, serbo, croato e sloveno risultano interessati da un traffico parcellizzato ma costante che preme sulle nostre frontiere terrestri nordorientali, per quel che concerne le rotte marittime, nelle settimane successive alla fine delle operazioni belliche è emerso il ruolo della costa montenegrina. Gli inserimenti criminali anche nell'esodo, da quelle località rivierasche, di profughi di etnia rom e la prospettiva di una ripresa su larga scala delle attività contrabbandiere ridottesi in pendenza di conflitto hanno imposto, sul piano diplomatico, la promozione di più incisive forme di collaborazione che hanno già prodotto i primi, positivi risultati.
Tra i profili di maggior interesse che è dato cogliere dalle risultanze d'intelligence figura l'accentuato ricorso alla falsificazione documentale, in ordine alla quale hanno mostrato elevati livelli organizzativi anche sodalizi africani e del subcontinente indiano. Specifica menzione meritano, in proposito, i ripetuti furti di carte d'identità italiane in bianco, oggetto poi di sofisticate contraffazioni. Tale segmento di attività lucrativa costituisce, allo stesso tempo, potenziale alveo per lo sviluppo di contatti tra estremisti di varia fede ed ideologia che si avvalgono dei canali migratori clandestini per fare ingresso in Europa, come suffragato da talune indicazioni emerse sul piano informativo.
Resta, poi, la possibilità che disegni politici e strategie delinquenziali trovino in eventi contingenti occasione per inedite ed insidiose combinazioni. Al riguardo, il massivo ingresso di pellegrini durante l'anno giubilare potrà favorire accelerazioni della pressione migratoria illegale, indotte, oltre che da finalità speculative, da intenti ostili ascrivibili ad ambienti esteri anticattolici o antitaliani.
Le ricadute sul piano sociale della presenza in territorio nazionale di numerose comunità "invisibili", sono tutte da individuare nello stato di clandestinità, che impedisce agli immigrati di accedere a diritti costituzionalmente garantiti e si frappone alla loro integrazione nel tessuto civile.
Ne conseguono situazioni criminogene in cui allignano, accanto a fattispecie tradizionali, quali l'inserimento nel lavoro nero e l'attrazione nelle maglie della malavita, altre complementari, come i casi - segnalati per talune colonie di maghrebini e centroafricani - di raccolta abusiva dei risparmi da inviare nel paese d'origine, e profili di incerta lettura, ma non per questo meno allarmanti, quale l'accresciuto numero di bambini intercettati sulle coste pugliesi, che induce ad ipotizzare traffici di minori o comunque inaccettabili forme di sfruttamento.
Ulteriore aspetto d'interesse, infine, risiede nell'eventualità di abusi e prevaricazioni ai danni degli irregolari, per i quali le esigenze di mimetizzazione rendono estremamente difficoltosa la difesa legittima da possibili soprusi.
Il monitoraggio volto a tutelare gli interessi nazionali, in Italia ed all'estero, da possibili minacce provenienti da paesi intenzionati ad acquisire informazioni in settori sensibili, ha rilevato una diversificazione qualitativa nel modus operandi di vari servizi potenzialmente ostili, la cui ricerca informativa trarrebbe nuovi impulsi dall'uso più intenso e sistematico di reti informatiche.
L'attività di contrasto, svolta anche grazie ad una stretta ed incisiva collaborazione con i servizi dell'Alleanza, è stata prevalentemente mirata a tutelare i contingenti nazionali e NATO impiegati nella regione balcanica, oltre che il personale italiano a vario titolo presente nell'area.
Ha trovato conferma il crescente attivismo di agenti esteuropei ed orientali in diversi paesi NATO, inclusa l'Italia, mentre particolarmente attive sono risultate alcune nazioni mediorientali e nordafricane, tradizionalmente dedite a controllare la dissidenza.
Su richiesta dell'Autorità giudiziaria è stata fornita copia della documentazione, proveniente dagli organi di sicurezza inglesi, costituente il cosiddetto "dossier Mitrokhin", sul quale era in corso attività istituzionale che ha contemplato anche lo sviluppo di specifici rapporti con servizi stranieri.
In tale contesto, sono stati tramitati alla Polizia giudiziaria delegata per le indagini elementi informativi utili all'identificazione di alcuni personaggi, indicati quali ignoti nel citato "dossier", nonché alla localizzazione di altri, ritenuti d'interesse.
L'attività informativa volta ad individuare le acquisizioni illecite di armamento da parte di paesi sottoposti ad embarghi ONU, interessati da tensioni o coinvolti in conflitti bellici, ha rilevato il permanere di flussi cospicui verso il continente africano.
Qui un paese avrebbe incrementato le proprie capacità produttive nel campo dei programmi di sviluppo del settore, mentre due Stati belligeranti dell'Africa orientale continuano a potenziare i loro apparati militari avvalendosi della cooperazione esteuropea.
Una nazione dell'Europa orientale si è evidenziata, altresì, quale principale fornitore di materiali d'ammodernamento e potenziamento degli armamenti convenzionali di un governo mediorientale e di sistemi d'arma di uno nordafricano.
La regione balcanica, a causa della permeabilità agli inserimenti criminali, rappresenta tuttora zona privilegiata per le più diverse attività illecite - non ultimo il contrabbando di armi - talora favorite da sacche di corruzione negli apparati istituzionali. La ricerca intelligence in tale direzione ha consentito d'individuare, in particolare in Albania, in Montenegro e in Bosnia Erzegovina, reti di trafficanti e principali rotte seguite.
Al fine di rendere sempre più incisiva l'azione di contrasto, l'Organismo internazionale preposto al controllo delle esportazioni di armi e beni "dual-use" ha compiuto significativi passi verso una maggiore trasparenza sulle forniture e gettato le basi per il conseguimento di analoghi risultati in materia di trasferimento di armamento leggero, ritenuto uno dei principali fattori destabilizzanti nei conflitti africani.
Per quanto riguarda le armi di distruzione di massa, sono proseguiti il monitoraggio ed il contrasto dei programmi di proliferazione e delle attività di procurement dei paesi a rischio, anche al fine di individuare personaggi ed aziende coinvolti.
In proposito, il Medio Oriente si conferma l'area maggiormente impegnata nel settore, sebbene ulteriori segnali provengano da talune realtà del Nordafrica e dell'Asia meridionale ed orientale.
Per quel che concerne le armi chimiche e biologiche, alcune nazioni, che pure hanno aderito alle Convenzioni per il loro bando, sono sospettate di averne occultato riserve e di proseguire nei programmi di sviluppo.
In particolare nel settore chimico, uno Stato orientale - tuttora fornitore ed intermediario di materiale "dual-use" - ed uno mediorientale avrebbero dichiarato solo parte delle attività di proliferazione condotte, che continuerebbero clandestinamente. L'avanzato stadio raggiunto da quest'ultimo lo rende ormai in grado di realizzare ed esportare agenti ed apparecchiature protettive, nonché attrezzature di base per la produzione di precursori ed aggressivi. Secondo risultanze informative avrebbe, altresì, incentivato i rapporti di collaborazione con enti ed istituti scientifici di un paese dell'Est europeo per lo sviluppo delle biotecnologie.
E' emersa all'attenzione anche una società nordafricana per le attività dirette all'acquisizione di materiali ed alla ricerca dell'assistenza di industrie europee ed orientali per l'allestimento di laboratori sofisticati.
In campo missilistico, nuovi rischi sono riconducibili al possibile impiego, da parte dei paesi proliferanti, delle conoscenze tecnologiche acquisite nei programmi spaziali civili per ridurre i tempi di fabbricazione di sistemi balistici a lungo raggio. Numerose evidenze attesterebbero tentativi in tal senso di uno Stato mediorientale che, parallelamente, avrebbe ripreso la collaborazione con un interlocutore nordafricano per realizzarvi un impianto produttivo di propellente e concluso un accordo per una consistente fornitura di materiali e parti di ricambio. E' stata pertanto condotta specifica azione di contrasto dell'attività di procurement di entrambi i governi, che si avvalgono di articolate reti societarie di copertura e della compiacenza di taluni paesi per aggirare le misure di controllo.
E' stato inoltre rilevato il notevole incremento dei rapporti di assistenza tecnico-militare tra una nazione asiatica - ritenuta tra quelle maggiormente impegnate nel settore - ed una mediorientale.
Allo scopo di impedire l'escalation della proliferazione e, in particolare, degli esperimenti missilistici condotti da paesi in grado di sviluppare programmi autonomi e vettori balistici con gittata sempre maggiore, gli aderenti al regime multilaterale di controllo stanno valutando la possibilità di un accordo per il preavviso dei lanci spaziali e missilistici e dell'adozione di un codice di condotta.
Nel campo nucleare l'attività intelligence ha consentito di raccogliere elementi aggiornati sull'organizzazione preposta alla gestione del comparto di un paese nordafricano ed in merito al probabile interesse di un governo mediorientale ad acquisire capacità militari da una nazione asiatica.
In tale contesto i componenti del G8, assieme ad altri venti Stati, coordinati dall'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, hanno costituito una rete di punti di contatto per lo scambio informativo sui traffici di materiale fissile.
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